Un’ennesima sventagliata di apparolamenti sull’ultima storia ci può anche stare…anche se non posseggo
patentini specifici, non sono iscritto a nessun
albo (tranne al Dylan mensile,
of course), mi verrà tolta la
licenza di scrivere a breve dai moderatori (se continuo a spatasciare capoversi a cascata), ed il mio
curriculum quanto a sceneggiature si limita alle
pochades improvvisate davanti ai vigili urbani, o le para-sitcom inventate per tamponare gli incasinamenti domestici.
Detto questo devo dire che mi aspettavo di peggio dall’albo del mese
. Un po’ per i commenti intravisti, un po’ per la sfrenata auto-tolleranza del Gualdo che continua ad approvarsi ogni soggetto gli ronzi in zucca – basterebbe una tantum di Baygon per eliminare il problema.
Niente pesticidi, possono provocare mutazioni, e a molti piace tenerselo così (?!).
Una ricombinazione semplificata di molti elementi trasudati da altre storie, che vuole strizzare troppo l’occhio – fino a spremerlo
– a quella vampante gioventù che, si presume, dovrebbe avvicinarsi al personaggio tramite storie sempliciotte come questa, scorrevoli ed anti-problematiche.
Io ne ho sempre dubitato
.
Pur nel suo voluto/ricercato dilettantismo agevolatore, non è neanche una storia senza un senso, ed è molto più canonica di quel che sembra, almeno per la struttura.
Rispetta un certo andamento standard e si adagia senza scossoni
.
Ammucchiamento di episodi horroreggianti sparsi; Dylan che si incasina; “cattivi” che remano contro; e “non cattivi” da ajutare, non prima che la spiegazioni illumini di senso
.
Tutto questo con poco stile, va detto, poca verve, qualche ingolfatura, soliti sprofondi di scontatezza (ai saldi), luoghi comunissimi più che a
Mattino5 (
), lettura di ogni pensiero
made in Dylan – ma sempre meno invadente che nello Speciale, vivaggesù&tuttilpresepe
.
Rimanendo sul confronto Gualdoniano, manca in queste pagine la spensieratezza caotica di
Epidemia Aliena, e non si crea un’atmosfera ad hoc come nel
Viaggio senza speranza.
Come storia si predispone a farsi consumare da tipica sciacquetta d’asporto e poco altro.
Magari ci scambi pure due pensieri nel tragitto. Ma non merita oltre. Ed anche lei non ha voglia di mostrare altro…perché non ne ha, in sè .
Niente pretese e poche offese
.
Un merito senz'altro è la scorrevolezza, e non è poco, che dà un tono dinamico alla lettura.
Per questo sono ancora tentato di dargli la
sufficienza/ACCETTABILE, ma non credo lo farò, visto che ci sono delle cose urtanti che sembrano prendere per i fondelli la pazienza del lettore, presumendo che sia anche orbo, oltre che fessacchiabile
.
Non ultimo Casertano, che doveva far la parte della perla di china nel fango dell’aja, e ci ha messo molto del suo per rimanere nascosto nella melma senza brillare, accontentandosi di una prestazione anonima, anni luce dalle
Storie rivoluzionarie da poco in edicola
Qualche sferruzzata e passiamo a sviscerare quel poco che offre il caso:
*** *** *** ****SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILERBella Yo raga
!!!
Stavolta il Gualdo ci spiega da subito la differenza tra un murales ed una tag, parafrasando le solite menate tra “diritto di esistere/comunicare” ed aspiranti imbrattapareti – da non sottovalutare, come potenziale devastante, perché è noto che anche Hitler inizialmente facesse l’imbianchino
.
C’è da aggiungere stavolta che Casertano non si spreme più di tanto nel murales demoniaco, tondeggiando fino al pacioso – lo dirà anche Anna Miles, p.13. ii, che come stile è banale – e lo sbirro rompimarroni si presenta più bacchettone del solito, ma con ottuso retrogusto
vintage, incolpando i fumetti horror della discutibile fantasia artistica di questi soggetti
.
Sono passati vent’anni da
Caccia alle Streghe e nessun ccciovane d’oggi penserebbe mai che un poliziotto etichetti così le “cause” sociali di certi lavoretti.
Ho paura che le streghe siano tra noi, quindi, ma su modello Disney/amarcord.
E che Sclavi lo abbia intuito tempo fa, mollando la baracca. Prima che si spostasse da sé verso altri registri (…del catasto).
Dylan si fa una colazione col morto (sul giornale), Groucho gliela rende penosa con battuta ai minimi storici, e Bloch irrompe per scoprire la marca di biancheria dell’assonnata Anna. Ma non la porta, pare (p. 13.v)
.
In compenso porta lui tutta la combriccola sul luogo del misfatto e Dylan sembra appassionarsi tanto al caso da pensare subito di farsi una pizza…essendolo già il caso, una pizza
Prima della pizza però deve scontrarsi con la maleducazione – ennesimo tormentone gualdoniano
– della pettegola di turno, che gli soffia la cabina per farsi poi soffiare la vita nel soffocamento da apnea, dopo la battuta menegrama dello stesso Dylan (p.16. vi).
Non male come sequenza, tra ansia e claustrofobia, con buona resa di Casertano (specie p.18), anche se dubito che la nettezza urbana di Londra si sbarazzi delle cabine in disuso nel Tamigi, quando c’è chi raccoglie appalti in Inghilterra per poi smaltirle perbene nel Tevere
.
Da noi in Italia sono sparite, non per nulla. Un inizio per abolire le intercettazioni, suppongo.
In quelle di Londra mi ricordavo ai bei tempi i numeri e le foto di un sacco di pin-up seminude...ma forse sono cambiati i tempi. Chiederò ai bobbies
Ma se qualcuno non si era insospettito su graffiti&tag dopo tunnel, cabina, e camioncino, ci pensa il buon Gualdo ad azzerare ogni sorpresa con il prossimo murales impazzito, rapido sul binario
La storiella dell’ometto raccomandato (e precariabile), in ritardo mortale su una vita che non decolla, si incastra nell’insieme con un suo perché , mentre eccedono nei perché, nel senso di spiegazioni, gli addetti all’Underground per illustrare tutte le diamine di manovre necessarie a scongiurare la tragedia sui binari (pp. 24-25).
Se avevate nostalgia del
disaster-movie-ismo, qui si tenta di riprodurlo con la tensione alle plance di comando ed il treno che se ne infischia, andando dritto verso lo schianto
.
Non sono uno schianto, invece, le tavole di Casertano sul disastro ferroviario, piuttosto elementari e svogliate (26.v e 27.i), ma c’è da dire a sua discolpa che non è diventato un esperto del settore come
Freghieri negli ultimi tempi, tra tunnel e crolli.
Quando sbuca il distinto reverendo Hellborn – una parodia penosa di ben altri santoni/plagiatori, v.
I giorni dell’incubo o
Il tempio della seconda vita, più vicino al caposetta truffaldone de
Il violinista – comincio a temere il tono apocalittico della storia, misto a bacchettonaggine mormonica...che per fortuna rimarrà solo un accenno depistante (v. titolo), assieme al sermoneggiare televisivo del Rev., con tanto di grassetto per “il punto di rottura” (p. 31.v).
Un po’ una rottura invece sono questi nomi parlanti che servono ormai soltanto per coprirsi di ridicolismi naif da fumetto sottotitolato per beoti, rendendo dei personaggi con un potenziale (
) delle macchiette da bancarella dei pupazzi o boss di fine livello…con ultimo della lista proprio il nostro esimio Rev. Natoallinferno, che probabilmente lì ci tornerà
.
Mambasta, o no?
Ingegnosa nella sua goffaggine l’idea di attrezzare lo studio televisivo con il logo nefando
TG NEWS (pp. 30-33). Ma lo sanno che in Inghilterra non esiste la definizione TeleGiornale…ed anche in quel caso sarebbe TJ o meglio TNP/TM ?
O forse il Reverendo andava in onda da qualche canale satellitare vaticano?
Vallascoprì che magari TG invece sta per
TotallyGlamour, TransGender, TrueGarbage, Thanks(to)God, o
TabloidGags ?
Mah…
Dylan riprende a leggere CartaGiornali poco dopo (p. 35), Bloch ripete la cantilena che “in città c’è la fine del mondo”, accenna a sfottere col solito spettro sumero nel frigo – altro tormentone strariciclato che comincia ad andare a male, nel frigo
– mentre la povera Anna ci delizia con la parabola urbana tardo-adolescenziale (vagamente alla Ken Loach) di ragazzi disadattati ed accolti in comunità per proteggerli dallo sbandamento di massima
.
Essendo un genio dell’ipocrisia retroattiva soltanto adesso rivela a Dylan che i disegni sui muri del primo omicidio sono opera del talentuoso Erik.
E’ tempo quindi per l’Old Boy di immergersi nelle indagini. Con poca fatica inciampa nei soliti graffiti davanti ad una cricca di giovinastri, ma non conclude nulla, se non un guizzo di auto-ironia sulla sua età che non è più buona per gli inseguimenti (pp. 44-45)
Poi si riscopre forzuto e piega le sbarre più molli della storia per entrare nel mattatojo, macellandoci con tutta la verbosa esposizione didascalica di ogni suo pensiero, passo per passo (e di corsa, per giunta
), mandando giustamente in bestia una mandria di mucche-zombi impazzite
.
In queste tavole Casertano regala un po’ di insana sporcizia e tratteggi nel bujo, sembrando ispirato verso una corposa corsa rompiccollo alla San Firmin di Pamplona, ma con i bovini già trucidati.
Non si capisce se è vero che lui si sia salvato dal rodeo per professato vegetarianesimo, a differenza di Erik, che era andato a cena con un hamburger al sangue di KFC, e ci è rimasto secco di suo, come prevedibile, per l’unto
.
Anche gli sgherri cattivonzi del boss di turno, in nero, giacca&cravatta da jene d’assalto, sono quanto di più ovvio si potesse immaginare, ma se non altro l’inseguimento di routine si conclude con una morte raccapricciante, che richiama anche alcuni graffiti del film
Candyman, se non ricordo male.
Ed il nero vortice di terrore di Casertano (p. 57. iii-iv) non è cosa brutta o ingiusta.
Gnam, e burp
.
Un’appendice ulcerante (ben 3pp
) da parte di Anna per spiegare a Dylan cosa sia una tag, nonostante le sue osservazioni un po’ bigotte all’inizio e l’ennesimo maneggiamento di giornale in apertura di sequenza (p. 58).
Abbastanza surreale la nottata di svago dalla sua colonna dell’Ammiraglio Nelson, privo di qualche pezzo ma che passeggia tranquillo per Londra in cerca di battaglia, mentre il bobby finisce nella fossa dei leoni, proprio a Trafalgar (Square)
.
Poi l’Old Boy riscopre il suo senso mistico/estetico ed arriva ad associare le tag con crittogrammi cabalistici, e chi ti risbuca?
Nientemeno che Rabbi Allen riesumato dalla sua pausa eremitica ventennale per ricordarsi – uh, che sbadato... – che un libro assai pericoloso era nelle grinfie di uno stregone – altra semi-bambinata
– nel solito quartiere addupassi di Londra, e da un po’ non se ne sa più nulla.
Ennesimo cameo ripescato dal mucchio per tentare la nostalgia dei vecchi lettori e riciclare idee, salvando in corner un soggetto meno che carente
.
Non si capisce neanche tanto bene perché il fuggitivo Jason abbia la geniale idea di tornare nel centro d’accoglienza, mettendo nei guai la povera Anna, ma tant’è… roll:
Capisce molto bene, eccome, l’illuminato Dylan che in un accesso d’ispirazione investigativa ricostruisce all’improvviso ed in modo millimetrico tutta la vicenda tra pag. 73 e 75 – quest’ultima la peggiore sequenza del lotto quanto a presa in giro del lettore.
Va bene che il Nostro ha intuito il furto/ritrovamento del libro da parte di Jason ed i poteri scopiazzati…ma che Jason abbia pure contribuito alla morte accidentale dell’amico, che sia fuggito da qualcuno che gli dava la caccia per il libro, e che questo qualcuno sapesse anche verniciare per hobby-criminale i simboli…mi sembrano delle ricostruzioni abbastanza campate in aria ed azzeccate in modo pretestuoso soltanto per illuminare verso il tramonto la conclusione (s)naturale di questa storiella
.
Insomma un pataccone di auto-spiegazione, rifilato malamente al lettore insieme al sopralluogo più autistico della storia, con Dylan che osserva coi soliti strapensieri ammorbanti ogni dettaglio inutile di una stanza messa a soqquadro (p. 75) e con molta flemma si avvia verso la Chiesa dell’Apocalisse per chiudere la partita, anche se non ha nessuna carta da giocarsi, pistola inclusa…anzi, esclusa
.
Si gioca poco sul non detto nella spiegazione che dà il Rev. Hellborn delle sue malefatte.
Uno che pensa di far affari imbrattando a casaccio i muri della città per tenerla sotto scacco nella paura (?!), si merita come antagonista come minimo un SuperEroe stellestrisce.
E invece gli viene appioppata la sbruffonaggine di un molto più britannico Dylan, disarmato, senza un piano, ed in vena di bluff ridicoli, che si salva per lo strarotto (di cu**) della cuffia solo grazie ad una finta-intesa perditempo con Jason, che intanto aizza alla chetichella i simboli arcani sul pavimento
.
Non siamo al crollo risolutore di molte storie…(o incasinatore come nelle precedente), ma si recupera in ironia con la casa indemoniata che prende a spostarsi da sola (v. p. 88.i e riferimenti alla copertina de
Il Mosaico dell’Orrore) per sfuggire all’IMU… e che guardacaso prova ad azzannare il solo Reverendo, il quale non si salva per colpa della sua avidità, come in ogni buona parabola con lezioncina di fondo. Amen
La prossima volta invece di tendergli una mano, meglio che Dylan gli pieghi davanti il braccio.
Per il gesto dell’ombrello, ovvio
.
Davanti ad una casa che cammina Gualdo prova a sciogliere surrealmente un po’ di grottescherie bizzarre, tra mariti finalmente uxoricidi ed automobilisti in vena di rimborsi (pp. 92-93), ma tutto serve, in modo alquanto pedestre, soltanto a motivare la non-credulità di fondo della polizia davanti alle dichiarazioni di questa gente stralunatica (p. 96. v-vi)
.
Dopo le cabine, anche l’intero palazzo finisce nel povero Tamigi-cloaca abusiva, e Dylan chiosa il finale sulla pagine del suo diario, con un inutile sbrodolamento sul suo amore fallimentare per Anna, mentre allegramente sorvola sul fatto che Jason ricordi ancora i caratteri infernali e possa scatenare l’inferno da un momento all’altro
.
Potrebbe riapparire in qualche storia tra una decina d'anni, quindi.
Avvisati
Si tenta persino di accamuffare una specie di contro-finale con la piastrella maledetta che ritorna a galla dal Tamigi-pattumiera, ma per fortuna ci vengono risparmiati i lavori di ristrutturazione nell’ingresso della villetta del barconista.
Sempre che nel frattempo non si sia spostata. Per sfuggire all'erario, anche lei
.
*** **** ***Qualcha cifra di circostanza per decifrare un giudizio, ammesso che sia di qualche interesse.
Soggetto: 5 Idee derivative, riciclate mettendo insieme un po’ qui un po’ lì.
Un po’ male, tra l’altro.
Non è misero come quello de
L’Autopsia, e sfrutta un certo appeal verso l’occulto che in
Epidemia Aliena manca del tutto, ma è troppo scarso per farne una buona base
.
Semplice come un bicchier d’acqua.
Del rubinetto, mica Perrier
.
Tutto il catastrofismo apocalittico come bluff non è male, ma finisce per rendere solo macchiettistica l’intera parte gangsterica dedicata ad Hellborn
.
Sceneggiatura: 6 - - Degli scompensi/lacune campati in aria a livello di auto-spiegazioni & motivazioni ho già scritto abbastanza sopra. Specialmente nella parte riservata al finale rattoppato di buona norma
.
Il ritmo è quello che salva tutta la baracca, per quanto si butti nel fiume sul finire. Si lascia leggere senza irritare troppo ed è già qualcosa
Inutile ripetersi sui pensieri ridondanti e farraginosi riportati nei baloons. Diventeremmo pure noi come il Gualdo
.
I dialoghi servono solo a far scorrere la storia per prestarsi al teatrino del “ti chiedo/mi rispondi”. Puro scambio informativo.
Non è vero che l’ironia manca. E’ solo che è esile o bonaria come quella dei pomeriggi tra boyscout.
Nessuna caratterizzazione di rilievo, compresa la sciapitissima Anna ed il fantoccio di Hellborn.
Disegni: 6+Mi dispiace, ma da Casertano dopo
La seconda occasione ed il
Boja di Parigi mi aspettavo qualcosa all’altezza.
Invece qui si appisola al risparmio per una storia che evidentemente non lo entusiasma più di tanto
Qui lavora d’ufficio, da impiegato impiegato(-si) poco.
Pochi dettagli, cubature delle case tutte semplificate per le strade di Londra (pp. 44-45, 54-55, 76), molte vignette in bianco predominante (pp. 10-11, 60-61, per esempio), pochi passi nel delirio deformante
.
Come già detto mi sono piaciute le scene della cabina, quella delle labbra voraci, e qualcosa della corsa alla vacca, per qualità del nero corposa
.
Non male qualche vignetta tesa nel caos finale mentre Dylan tende tutti i suoi nervi per salvare Hellborn (pp. 90.vi e 91.i).
Divertente la resa della casa semovente. Non era semplice come può sembrare.
Le rotondità sono meno invadenti del solito e i tratteggi non mancano, specie per i primi piani.
Sta cominciando a cinesizzare un po’ troppo Bloch (p. 13.iv), ma quella degli occhi piccoletti sembra una topica per molti personaggi dell’albo (vedi il tizio del negozio di vernici, per esempio, a p. 40).
Un esempio di qualche approssimazione grafica nel mucchio?
Prime pagine: Non si capisce su quale mano porti Erik il guanto, e su quale la fascia da polso mentre dipinge.
p.1: Guanto
dx, fascia
sxp.2.ii : Guanto
assente, fascia
dxp.2.vi: Guanto
sx, fascia
dxp.3 : Guanto
dx, fascia
assenteCopertina: 7Buon lavoro di Stano che ci regala qualche stuzzicamento suggestivo senza strafare
La
computer graphic dei riflessi dell’acqua ed i pesci un po’ troppo tropicali per essere a Londra non rovinano l’insieme. Per accostamenti cromatici mi ricorda il
Bacio della Vipera.
*** *** ****Adesso vi lascio perché devo andare a ricopiare dall’Autogrill più vicino tutti quei misteriosi simboli arcani che si trovano incisi sulle piastrelle dei bagni. Non m’intendo di cabala e numerologia, ma potrebbe darsi che da tutte quelle cifre in serie esca qualcosa di grosso.
E pericoloso, per me
.
ALOHA