Nel topic della storia
Il buio ho letto un battibecco un po' acceso tra alcuni utenti, dove tutto iniziava con delle critiche alla qualità delle sceneggiature di Chiaverotti.
Prendo spunto per dire la mia su questo autore e il suo ruolo svolto all'interno del primo periodo di Dylan Dog.
All'epoca, l'alternanza era Sclavi-Chiaverotti: bene o male, nei primi 100 numeri, il nome di Chiaverotti era il più frequente subito dopo quello del creatore della serie.
Già il fatto di essere inserito tra le storie dello sceneggiatore principale rappresentava una bella sfida dalla quale, com'è naturale, non si poteva uscire vincitori. Anche i migliori autori attuali non potrebbero tenere il passo con uno Sclavi nel pieno della sua creatività. Ma questo è un altro discorso.
La differenza tra le storie di Tiziano e quelle di Claudio era palpabile; non parlo necessariamente di qualità ma soprattutto della tipologia di avventure che si aveva di fronte: Sclavi era capace di passare con grande facilità da un giallo alla
Jack lo squartatore o
Il mostro a storie dove il fantastico si univa al poetico (vedi
La bellezza del demonio), fino ad arrivare a critiche alla società come ne
Il canale 666, (storia, questa, un pò horror, un pò trash, un pò impegnata e chi ne ha più ne metta).
Al contrario, Chiaverotti prediligeva quel lato di Sclavi più immediato e vistoso, quello più splatter, più marcatamente horror, creando storie, soprattutto all'inizio, che si risolvevano in dei gialli oppure, come ne
Il buio o
La regina delle tenebre, in horror che potremmo definire "soprannaturali".
Diciamo che Chiaverotti faceva sue anche altre componenti dello stile di Sclavi, come la presenza delle filastrocche all'interno delle storie oppure, frase che sento spesso ripetere, la retorica; ma qui entriamo in un altro campo ancora sul quale è inutile dilungarsi, adesso.
Lo si potrebbe accusare, in un certo senso, di "scimmiottare" le caratteristiche di Sclavi (ma chi è che non lo fa, vestendo i panni di un personaggio creato da altri e del quale bisogna cercare il più possibile di rispettarne lo spirito originario?), ma nonostante ciò Chiaverotti si era ritagliato il proprio spazio, creando il suo marchio di fabbrica che, poteva piacere o meno, rendeva riconoscibili le sue storie.
E qui entriamo nel vivo di ciò che io considero uno dei meriti di questo sceneggiatore: non possiedo dati, sono sensazioni ma, parlando con qualcuno che legge il fumetto, si evince che il suo Dylan Dog ha contribuito ad allargare il bacino di utenza. E' anche merito suo se DyD ha venduto così tanto.
Le sue storie che, come già detto, avevano un fine “più basso”, vertendo spesso sullo splatter o sul giallo, andavano a compensare gli albi di Sclavi dove, di frequente, faceva capolino la filosofia e un modo di narrare meno accessibile.
Non so se a voi è capitato, ma io ho sentito gente apprezzare molte storie basate su uno schema più chiaramente investigativo, con l'assassino da scoprire pagina dopo pagina, rispetto a una
Storia di nessuno o
Il male.
Segno, questo, che il Dylan Dog di Chiaverotti piaceva e regalava delle storie tipicamente horror/thriller, apprezzate da coloro che erano meno avvezzi alle elucubrazioni esistenziali “sclaviane”.
Per quanto mi riguarda però, ciò che vorrei sottolineare è l' aderenza dei soggetti di Claudio a quello che era lo spirito del tempo e, di conseguenza, l'idea alla base del nuovo fumetto targato Bonelli.
Oggi, nel 2013, si parla di rinnovamento e si citano spesso dei modelli ispirati alle serie televisive americane; va bene, è lecito ed è giusto che sia così, visto che con il tempo bisogna adeguarsi e nutrirsi del presente, per non rimanere sterili e ancorati al passato.
Ma nel pieno degli anni '80, quali erano le fonti di ispirazione, il tipo di horror al quale Dylan Dog faceva riferimento? Quello classico, sia letterario che cinematografico. Da alcune opere letterarie di indubbio spessore, veri capolavori della letteratura (come i racconti di Edgar Allan Poe), fino a film più spiccatamente horror, che hanno fatto la storia del genere, molti dei quali sono stati realizzati proprio nel corso degli anni '80, periodo in cui nasce il nostro eroe.
E qui, credo senza paura di essere smentiti, si può dire che Chiaverotti abbia svolto il suo ruolo egregiamente, dando alle stampe tutta una serie di storie che hanno fatto presa sull'immaginario collettivo dei lettori; storie che prendevano spunto da idee fortemente radicate in quello che possiamo definire “l'immaginario horror” dell'epoca, lo
Zeitgeist, se mi concedete questo termine filosofico
.
Il buio, Goblin, Scritto con il sangue, Il mistero del Tamigi, Delirium, Partita con la morte, e altre, sono un esempio di quello che ho detto.
Quanti sceneggiatori, nell'era post-numero 100, hanno saputo attingere con facilità da questo immaginario, regalando storie valide ed horror? Non credo siano stati molti. Quando si parla di decadenza di Dylan Dog si devono mettere in conto anche soggetti decisamente strambi, che poco hanno da spartire con quei riferimenti di cui, invece, si serviva uno Sclavi o un Chiaverotti.
Altro elemento da considerare, e qui arriviamo all'aspetto più tecnico della discussione, è la caratterizzazione del protagonista e la qualità delle sceneggiature.
Oggi ci si lamenta spesso del fatto che Dylan non sembra più Dylan e che non assomigli a quello inventato da Sclavi; a volte queste critiche possono essere fondate, a volte sono esagerazioni, fatto sta che è uno degli elementi più ricorrenti quando si vuole criticare un albo.
Leggendo le storie di Chiaverotti invece, si evince un certo rispetto del carattere dell'indagatore dell'incubo: non so come la pensate voi, ma nel caratterizzare Dylan, questo autore mi sembra sia riuscito a metterci tutto quello che Sclavi aveva ideato: la capacità di risolvere enigmi, il sesto senso, l'ironia, un certo atteggiamento nei confronti del gentil sesso ecc. In una sola parola, il Dylan di Chiaverotti è un Dylan vivo ed energico, come si vede nelle sceneggiature di Sclavi.
Mi preme sottolineare l'ironia, elemento che, a mio modo di vedere, nessun sceneggiatore è stato in grado di sfruttare al meglio dopo Sclavi, se non, appunto, Chiaverotti.
Infine, i dialoghi e la piacevolezza delle lettura sono elementi comprovati. Ci sono storie di Chiaverotti con scambi di battute da manuale, ed è sicuramente un grande merito dell'autore.
Naturalmente non è tutto oro quel che luccica. A volte la mano si lascia andare nella rappresentazioni di idee un po' strampalate, in cui lo splatter e la scorrevolezza della lettura non sempre riescono a tappare i buchi: si tratta di storie dove forse il trash prende il sopravvento, con il risultato di avere tra le mani storie un po' “sgangherate”, con buoni spunti soffocati dai difetti.
Ciò non toglie, però, che Chiaverotti rappresenti una parte importante, direi seminale, dell'universo “dylandoghiano”, in grado di pescare elementi dall'immaginario collettivo dell'epoca e di riversarli con efficacia nelle storie del cosiddetto “periodo d'oro”, creando un personaggio vivo e immerso nel suo tempo.
Tutto questo accompagnato da una capacità di scrittura, spesso, elevata, e da una grande aderenza al personaggio di Sclavi.
Alla fine del post, quindi, mi chiedo come mai venga criticato così aspramente da tanti forumisti, nonostante i pregi che si possono trovare nel suo stile!!