Goblin ha scritto:
a proposito wolkoff non hai ancora fatto la tua recensione kilometrica
Stavolta ve la siete cercata: siamo alla proporzioni bibliche. Si aprano le acque per far nascere il mostro, e che gli dei non mi sputino rospi sulla testa per il diluvio di parole cadute a vanvera.[...]
Sul giudizio almeno sarò quasi breve
.
Per quanto mi riguarda la migliore Barbato sull’inedito dai tempi de
La Seconda Occasione… e non è poco considerando quanti anni sono passati. Da
Mai più Ispettore in poi ho faticato parecchio ad apprezzare le sue storie devolute (o involute?) alla causa della continuity, trovando una parziale consolazione solo nelle fuori serie di qualità come
Pete Brennan o
Baba Yaga .
Qui intreccia molti temi, sa dirigere la loro complessità, e anche se riconfeziona in pratica
Necropolis+Il giudizio del corvo, la storia vive di suoi momenti chiave e sa intrigare – v. certi corridoi bianchi e labirintici, come la scimmia pre-umana, che possono ricordare
La Macchina Umana . Dylan non troppo maltrattato né colpevolizzato; sensata la co-protagonista; Groucho sfortunatamente poco presente; apprezzatissima l’assenza dei cartonati da Scotland Yard. Poco da ridire anche sul tenore dei dialoghi.
Bella la fanta-copertina per le sue geometrie; sempre in palla
Casertano che non deve caricare troppo nel grottesco certi personaggi, ma che invece certe volte sa tradurre molto bene la loro disperazione più sentita (pp. 49, 52, 66).
Alla fine il mio voto si assesta su un
8 - - , che poteva esser ben più alto se da pagina 60 in poi la storia non perdesse un certo mordente, se il finale fosse stato più ambiguo o cinico (magari con un cameo spiazzante di J.Ghost), e se si fossero evitate certe stupiderie e contorsioni illogiche. Sulle (presunte) difficoltà della continuity mi sono espresso più avanti in lungo excursus.
Non sarà un bene per le vostre diottrie, ma era molto tempo che una storia di Paola non mi ispirava così nella scrittura, ed io non sono un filantropo evoluzionista per cui regredisco volentieri al cazzimia della peggiore graforrea più egoista. Quella che segue sbrodolando in modo svergognato non è una recensione ma solo un ri-racconto in base alle mie personalerrime osservazioni.
Per tutti quelli che avranno il coraggio di leggerla in premio un mazzo di carte napoletane tipo quelle usate da
Totò coi fuorilegge*** SPOILER VERO, CADANO GLI DEI SE MENTO***Si parte con una (evitabile?) rinfrescata delle movenze da
Che regni il caos! in poi, con ancora una volta in primo piano il fanatismo in subbuglio del barbaro popolo bue contro i tempi moderni, sublimato dall’arrivo delle meteora, e contrastato dai self-made
monsterhunters che si sono appropriati indebitamente dell’icona di Dylan “eroe della normalità”. Ecco quindi cavernicoli con le Adidas e mazze da baseball, meta-parodiando Zagor, mentre gli ammazzamostri in uniforme dylanatia si rifanno allo stile delle ronde leghiste con tanto di forconi e picche in spalla, di
ripicca a Martina forse.
Ma dove non colpì il PD, poté il gotha accademico come sempre in vena di baggianate co(s)miche, quando si afferma (p.9) che l’unica cosa che distingue l’uomo dagli animali è la “scelta”, come se le bestie non possedessero una facoltà di volizione decisionale… mentre uno come
Pirandello avrebbe molto più scientificamente archiviato la questione dicendo che l’unico fattore evolutivo che differenzia gli uomini dal regno animale (lasciando perdere fregnacce tipo il
logos, l’empatia, la consapevolezza dell’io, etc)
è l’ironia, ovvero la capacità di percepire il ridicolo da un contrasto e usarlo contro (v. satira e sarcasmo) o per farsi un esame (v. autoironia)… cosa che manca notevolmente a Paola in queste pagine, ma non è una novità
.
Comunque sia, lo scontro dialettico-ideologico tra la Primrose e Dylan è messo in scena bene nella prime pagine, mentre aleggia la scia della meteora e le paure collegate. La morte della scimmia invece non colpisce il lettore quanto Dylan, ma forse ogni tanto è meglio dissociarsi dalla sua sensibilità e dai suoi feticci buonisti… visto che si citava Nietzsche.
Un po’ facilona la credulonità passiva di Dylan di fronte all’allarmismo di Cummins per la sparizione (taroccatissima) della dottoressa… ma ci può stare che il Nostro sia molto “discreto” nel suo agire, come richiestogli, senza fare troppe domande in giro, perché sarebbe bastata una chiamata alla pula per capire che non c’era nessuna denuncia, che nessuno aveva fatto un sopralluogo sulla macchina dispersa in piena campagna (chiusa con le chiavi all’interno
), e nessuno compreso Ghost è capace di produrre un telefonino che squilla 13 ore senza che si scarichi la batteria (p.17) .
Scegliamo di andare oltre perché questo non è un giallo ed alla fine su alcune incongruenze si può sorvolare in nome della licenza fumettosa, come per il maggiolone miracolosamente ritornato intatto dopo il numero scorso.
Il fanta-incontro con la comunità di fricchettoni ambiental-francescani è abbastanza interessante e denso di significati – anche per lo scetticismo di Dylan che ne prende le distanze - nonostante si capisca da subito che Audrey non è in sintonia con l’armonia sorridente del resto (v. come è vestita e broncio flemmatico da sfinge) : resta da capire come possa mangiare del sushi prodotto in loco, ma se non storce il naso davanti a dell’umile filetto di trota o carpa delle Midlands al posto del tonno rosso da Okinawa… allora ce pò stà, e stacce
.
Si mangia abbastanza presto anche la foglia del probabile mega bluff in cui si è cacciato Dylan, perché come vedremo subito dopo, tutto il teatrino utopico inscenato dalla N-Limited è solo un’esca per attirare teste pensanti della noosfera projettate verso la coscienza collettiva del Grande Uno, per poi farle ricredere o filmarle mentre abiurano dalla propria etichetta radical-filantropichic
.
Non nuova ad ingabbiare Dylan in un setting da risolvere, con prove più o meno socio-intimistiche– mica solo
Necropolis, vedi anche
Oltre quella porta, Il giardino delle illusioni, Il Settimo girone, Gli abbandonati, Il bianco e il nero, etc – la Barbato nella sua personale Siisfera (ebbasta?) narrativa punta per un po’ l’obiettivo sull’animaletto Dylan e le sue reazioni per prendere le misure al contesto anomalo, ma poi si sposta sugli altri ospiti messi alla prova.
L’effetto documentario/GF si allarga alle altre cavie coinvolte nell’esperimento. Bella la scena del tizio insanguinato (p.40) che scorazza per gli asettici corridoi facendo rotolare le mele del (suo) peccato; per certi versi mi ha ricordato, a livello iconografico, certe pellicole di Von Trier o Kubrick - v. anche la scimmia di p.13, che però solo in copertina s’interroga col teschio amletico tra le zampe. Mi è piaciuto anche il congegno sadico della poltrona con leve a pressione, anche se quella raggiera tipo santa patronale mi ricorda un qualcosa da altri film/fumetti
che forse qualche lettore più citazionofilo di me saprà cogliere, come riferimento... a parte che quello della macchina del tempo di H.G. Wells, che non credo c'entri.
Sul binario di (quarte) pareti in sfondamento scorrevole, si arriva al secondo scenario con la paleontologa che si si strugge scimmiescamente per la rinuncia ad un teschio, trasformato in ricettacolo/urna sacra di una vita di fatiche spese generosamente in nome del sapere umano e della ricerca. Una volta fracassato il dubbio all’osso con un crimine esistenzial-culturale, la tipa uscirà dalla paralisi strisciando, e magari dopo aver rinnegato un parte di sé ne scoprirà un’altra, senza spaccarsi troppo la testa, molto più portata ai puzzle e alla ricostruzione dei crani.
Dellamorte ne sapeva qualcosa, gnà
.
Senza voler entrare troppo nello specifico alla Alberto Angela denoartri, ma tra un
Kazzenger-ramento e altro, c’è da dire che non trovo molto verosimile tutta quest’enfasi lancinante e pseudostorica per
un semplice teschio del 3500 A.C., esotico quanto vuoi, dal Nord Ovest uiguro della Cina… ma sempre di Homo Sapiens rimane, senza decorazioni o altro, testimone di nulla in particolare… come potrebbe essere stata invece la cripta dove era sepolto, a livello archeologico. Per una volta se la sparava più grossa (tipo 100.000 anni fa) la cosa aveva più senso. Ma forse Paola avrà visto qualche documentario sulle reti di Ghost a noi occult(at)e
.
Un’altra cosa che non quadra,
ben più rilevante, è il fatto che a sostegno delle loro assurde teorie dissuasive/anti-evoluzioniste, Cummins & co. pensino di usare dei filmati da far girare
PUBBLICAMENTE IN RETE/CHIARO come spot promozionale o deterrente contro la fallabilità inerme dell’ingegno umano più elevato. Non è un tantinello ingenuo (o dozzinalmente paraculo, fate voi) pensare, nell'era dei social iperpolemici e delle indignazioni di massa ultra(s)politically-correct –
per mooooolto meno -- che un filmato come quello della scimmia accoltellata dal vivo NON possa essere immediatamente oscurato per ragioni di censura e buonapace comune, come gli altri sadismi efferati messi in scena da questi svitati, tipo emblematiche lezioncine di vita pre-apocalittica? Buah…
Ma tutto sommato Dylan non è così passivo a questi giochetti in streaming e sfasa un attimo i piani del regista dentone Cummins-
Boyakky alla stanza dei bottoni: salta nel buio e va in rete senza chiedere un rinnovo a Marotta, ma invece che Wanda per rifarsi una cultura je tocca Margherita Hack… ehhhm, Allison Dreyer, che evidentemente non è ancora riuscita a purificare le acque dei villaggi turistici in Kenya, dove per una macedonia lavata male rischi minimo il dengue. Meglio toccarsi, in certi casi.
Apro una non-piccola ( ) sul fatto che alcuni imputano una continuity appiccicata alla meno peggio e spesso fuori contesto, in storie che puzzano di ri-considerazione/afterthought, concepite inizialmente senza l'influenza della meteora.
In generale sono d’accordo su questa visione (v. detriti di meteorite svolazzanti nella storia della Baraldi), ma in questo caso, a parte la fessata di poter deviare la cometa con una controevoluzione degli animi, la storia è ampiamente nel solco della saga. Anzi, per il discorso che spiattella sembra proprio un corollario in parallelo a quanto visto/detto in Che regni il caos!
Le prime pagine dell’albo di Recchioni ci fanno vedere J.Ghost mentre indottrina Axel sul ciclo evolutivo dell’umanità, che per sua natura prevede un’alternanza tra periodi di progresso, di assestamento, e infine di decadimento. Adesso, secondo il grande burattinaio della Grand’Antica Corona, la civiltà vive un periodo di agio e fragilità che deriva da un eccessivo senso di appagamento rispetto alla proprie elevate conquiste, e che ormai si trastulla in raffinatezze morali, religiose e filosofiche. In pratica, se in un momento di caos/svolta (v. meteora) arriva il “barbaro” che lotta per la sopravvivenza sopraffacendo l’altro per mera necessità, saremmo impreparati in quanto troppo presi dalle sofisticaggini imbelli di un mondo che non sa difendersi da chi ha ancora fame, di qualcosa… che non sia pura intellettualità o welfare comune, per quanto nati da nobili intenzioni buoniste.
Non molto lontano dagli illuminati esemplari di Homo Noeticus osteggiati da Cummins, che per fare il bene degli altri hanno dimenticato le priorità del sé, sacrificando l’egoismo dei desideri e l’istinto di conservazione. Forse questa forma di collettività armonica e trascendente dal singolo porterà all’Omega?
Per provare uno spiraglio/palliativo Ghost nei comunicati smart invita la gente a difendersi con le armi dalle probabili/incombenti barbarie (ispirate dall’avvento della meteora?) riconoscendo per strada i nuovi mostri, ed identificandosi nella “normalità” dell’eroe Dylan che gli dà la caccia, perché l’istinto di sopravvivenza potrà salvarci dal fattore “caos” ineluttabile quando si tratta di attivare una svolta storica. Ghost nel #387 propone quindi come rimedio una collettività alternativa di feroce popolame individualista, armato di cellulari in sintonia sulla stessa app, che marciano su Londra per dar la caccia ai mostri piuttosto che compatirli o tentare di farli rinsavire. Altri mostri in pratica, altri barbari arretrati, per salvarsi (o distrarci) da una barbarie imprecisata che avanza dai cieli .
E tra l’altro la liofilizzazione coatta di queste tesi si può reperire anche in certe esternazioni su FB dello stesso Recchioni – non ricordo chi mise il link e dove si trova, forse Zak? – che si scagliava contro i gilet gialli francesi, a suo vedere nati come movimento della medio-borghesia di pasciuti ultraquarantenni abituati ai comodi accumulati da generazioni, avvantaggiati dal colonialismo e dal capitalismo, e adesso messi in difficoltà dall'avanzare di orde di disperati dai sobborghi o dai paesi del terzo mondo, pronti ad azzannare chiunque per conquistarsi un nuovo angolo di sopravvivenza… loro sì con una causa/stimolo per cui lottare. Una barbarie necessaria, messa in questi termini, una calata di subumani per un fisiologico ricambio storico nell’Impero di Occidente .
Chiusa ( )Torno all’albo. Lo spiegone (pp.60-72) azzoppa un poco il ritmo, ma nelle sue 13 pagine è ben diluito perché vive di scambi sentiti ed è inframmezzato dalla prova sulla trave, dove si concretizza il primato (o primate) egoista dell’individuo sulla comunità più evoluta di fedeli ai propri tronfi ideali… assunti per mettersi l’anima in pace in nome del prossimo. Adesso è chiaro a cosa puntano Cummins&co,
alla disevoluzione Ma ci avevano già pensato per la loro sopravvivenza i
Leghisti vent’anni fa col concetto egoisticamente troglodita di devoluzione, mentre esiste sul vocabolario un pratico equivalente in uso corrente che si chiama “involuzione”. Ma alla Barbato stanno evidentemente sui Maroni certe cose, per cui meglio incagliarsi in una specie di superkazzola lessicale dell’ultim’ora che vedersi richiesti i diritti d’autore dal mastino Salvini o dalla Treccagne
.
Con un po’ di ingegno in più, e senza documentarsi su tornei di Twister o Kamasutra, la tizia comunque poteva passare sopra al tizio indenne strisciandoci di ventre, mentre lui si aggrappava alla trave stile bradipo… ma davanti ad un cellulare pieno di info stuzzicanti capisco che anche una paladina della scienza umanitaria perda il raziocinio e si faccia strada facendo cadere un poveraccio, non ben voluto dagli dei.
Si cade poco nel divino però, se non nel patetico per casalinghe di Voghera, quando
Crouch, dopo aver salvato migliaia di vite, manca di rispetto alla propria, e la penna uccide più della spada quando l’inchiostro si macchia col sangue
.
Il taglio cambia un po’, per fortuna, quando dopo Dylan torna dalla Primrose per la prova simbolica finale, dove si taglia corto… e giustamente si comincia a pomiciare (senza sedili ribaltabili, abbiamo ‘na certa età
) con le forze residue, dopo aver discusso vanamente dei massimi sistemi e della loro ribaltabilità. Da qui l’Old boy, oltre che per le old milf 50enni, scopre anche una passione fetish per la
suffocation mentre le mette la mani addosso partendo dal collo e in modo rocambolesco prende in pugno la situazione, con un gavettone ed un mitra, come ogni buon Chuck Norris evoluto per la sopravvivenza… ma non senza lesinare pugnette retoriche per far ricredere, col seme del dubbio, la setta sulle sue strampalate teorie/verità, e non senza (con)tradirsi filo-recchionicamente anche lui quando afferma che i “nuovi barbari” saranno la causa dell'Omega dell’umanità (p.86), mentre prima si era vantato della sua capacità di sopravvivere davanti rispetto alla sterile evoluzione intellettuale.
Ma d’altronde davanti a certi filosolfeggi cervellotici e acrobatici, è normale che pure Paola s’intrippasse cadendo dal suo Olimpo ideale, sulle terga… speriamo con una rete sotto
.
Dylan una rete la trova eccome mentre fugge – e la Primrose con lui – l’operazione disevoluzione sembra ormai ai titoli di chiusura, perché (
TROPPO) repentinamente i suoi adepti si sono accorti di quanto fosse idiota ed improduttiva, specialmente nel deviare la meteora. Tutto sommato in chiusura si possono accettare sia le scazzottate (p.90) come l’auto-sabotaggio finale della N-Limited in tutte le sue sedi, dal momento che non ha più ragione di esistere... anche se forse alla fine avevano ragione un po’ anche loro (p.95-96) sul fatto che sopravvive il più forte (a parole?) e non il più acculturato pieno di scrupoli.
Come dice l’ultima pagina, siamo noi lettori intanto a sopravvivere a questo slasher apocalittico della figura di Dylan, in attesa che piombi dal divino qualche altra (bella?) sorpresa di luce propria…
ALOHA