Complice il caldo, i carichi di lavoro arretrati, l’indolenza generale ed altre questioni personali, (da?) questa volta vi risparmio il 50% dei miei vaneggiamenti ed oltre l’80% degli istrionismi tra
calembour e doppi sensi.
Anche la mediocrità della storia in questione ha ajutato non poco nel mozzare sul nascere qualsiasi desiderio di parlarci sopra, sotto, o di traverso. Perché dentro c’è ben poco.
E poi ogni tanto pure io avrò il diritto di cambiare andazzo…
e come sempre c’è una donna dietro tutto questo… *****SPOILER ______SPOILER
_______SPOILER________Non ho molto da dire, e non temete per le nevicate improvvise in pieno luglio. A Dubai si scia tutto l’anno
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Storia asciutta, rinsecchita, se non sterile. E questo non è un male su tutta la linea(-snella) perché così il Gualdo ci evita i suoi sproloquiamenti mentali sul genere “
Pedro, apri la porta, Pedro” o i rigiri di sceneggiatura a vuoto. Comunque da qui all’eleganza della nettezza siamo lontani. Più che altro… urbani
.
Soggetto vuoto a-non-rendere riappiccicando cosette stranote come il genitore ripara-/ricopri-tore (
Il Mistero del Tamigi, I delitti della Mantide), qualche maltrattamento misogino (
Verso un mondo Lontano) ed un carrozzone che va avanti da sé… per sempre (
Phoenix).
Fino a pagina 49 la storia era riuscita a ricreare un po’ di atmosfera da “giallo nella nebbia”, ma nella seconda parte l’accelerazione di malcapitatamenti sanguinosi, indagini raffazzonate, ed incidenti di “discorso” (logico) ha affossato tutto il resto
.
Lo spettegolaggio da comari paesane è un filone smorto che rimane confinato alla prime pagine. Forse per fortuna
La brutalità del delirio di Mary Kate è resa abbastanza bene da Roi, ma
il sovrannaturale si capisce subito che latiterà.
Ed infatti Dylan ancora una volta si esibisce gratuitamente nella sua nobilissima professione di scetticismo ad oltranza, fiutando il razionale anche dove è superfluo. Un plauso a Groucho che, paradossalmente, gli sottolinea la necessita di “credere” al non-naturale per tirare a campà (p. 20)
Alla fine – non solo per mamma McLagen – la Banshee è solo un mito di pretesto, destinato più che altro a riempire i credits della copertina, ed improvvisare un’associazione piuttosto sgangherata nel discorsetto iper-retorico finale tra donne vittime = spiriti di rivalsa tardoceltici. Muah...
Tirato per i capelli di un calvo il rigurgito di coscienza di Dylan, che dopo la morte di Daddy McLagen si fa una bella traghettata di conati verso l’Irlanda solo per condoglianze ed indagini non richieste.
Ecco, l’omicidio del padre-padrone (ma non di sé): qui Gualdoni torna ai suoi vizi pelosi e ci rifila per ben cinque pagine cinque la solita orda di pensierismi inopportuni, prima che l’ubriacone crepi d’inciampo (pp. 24-28)
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Altro calco oramai da museo del paleo-cliché dylaniesco
il bonario stupidone sensibile ed illuminato/-ante che ci regala la visione/fiaba nera del postiglione della Morte… che almeno a livello visivo rende bene, per quanto sconnessa da qualsiasi legame con banshee, fate ed irlandeserie varie.
Io ho trovato divertente l’idea del clone di Bloch, se non altro per qualche imbarazzo dello spiazzato Dylan e l’autoironia sui luoghi comuni del non-pensionabile – la Fornero
strikes back, and ahead - a noi più caro.
Come ho trovato carini, ma non oltre, i commentucoli a margine dagli occhioni del “piccolo” popolo sulle vicende dei “grandi” umani (di cartapesta, tipo carro in parata, visto come sono caratterizzati qui i comprimari). Il ritorno all’infanzia ed al castello poteva amplificare questa falsariga, ma alla fine l’unico appiglio è stato l’eroismo dall’oltretomba del Cavalier Will (p. 61.vi).
Completamente inutile la solita finta-dura di turno che poi si spoglia affranta nel giro di un quarto d’ora, ad una tariffa più scontata di quella come guida turistica: le sue lacrime da pasionaria potevano depistare, visto il titolo dell’albo, ma si lasciano facilmente consolare tra certe lenzuola di traverso che solo Roi sa disegnare così
.
Forse la migliore morte è quella di Victor, per lo scambio che accenna a qualche contenuto disinvoltamente “profondo” col postiglione (pp. 73-77), anche se le braccia – e ben altro – finiscono per crollare quando si è costretti a sorbirsi le chiose di saggezza spiccia sputacchiate del becchino... che sicuramente ambisce ad un sonoro concerto di pernacchie in faccia
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Bisogna arrivare all’assassino, e Dylan capisce bene che se riesce a soffiare in quel modo una lettera dalla scena del delitto (p. 82) … allora ci vorranno secoli prima che la polizia irlandese venga a capo di qualcosa, senza tirare in mezzo l’IRA – dei lettori, buggerati
.
Una decina di pagine finali per pasticciare
il solito spiegone scalcagnato.
Ok, la lucidità non ha sempre accompagnato Lady McLagen nei suoi propositi di vendetta/salvataggio, ma l’intera struttura della sceneggiatura finisce per coprire di ridicolo gran parte del suo modus-operandi, e dei pretesti (e contesti) che imbandisce in tavolo con Dylan per arrivare al bandolo della mambassa…di stolterie. Pessimo esempio gualdoniano di ricostruzionismi tardo-infantili e poco professionali a cui persino il (presunto) target adolescenziale volterebbe le spalle, crepapellandosi di risate impietosite
.
Lascia che la figlia venga slegata permettendole il suicidio – addio ammoredimamma, un lavoraccio di sangue a vuoto, quindi, per l’ “
unica cosa che avevo” (p. 90.vi)
– , si decide ad ammazzare quel cattivone del marito forse nel momento meno opportuno, e poi fa crepare i poveri fratelli Thornton per dei motivi pretestuosi & esili come una bava di acaro.
Anche Will non fa una gran bella figura incisiva nelle sua comparsata, perché dopo aver architettato un interessante – mi è piaciuta l’idea, dico sul serio – doppio suicidio per bagnare la prima notte di nozze con sangue non imenale, vacilla di brutto davanti ad un po’ di schizzi, ed invece di piantare due pallottole risolutrici tra ‘nnamurati, lascia Mary Kate ancora viva… di incasinarsi oltre, nel suo delirio
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Perla da ri-porci in conclusione:
l’ennesimo thé avvelenato risolutorio che credo proprio sia un’ossessione personale del Gualdo, probabilmente traumatizzato da qualche miscela al bergamotto di sottomarca andatagli di traverso
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Non mi lamento come altri per la carenza di empatia verso i personaggi ed il loro tratteggio meno che essenziale: meglio così, con tipologie del genere preferisco non aver nulla a che fare, e non spendere un millibar della mia pressione esistenziale.
In teoria questo è anche giustificabile dall’ “asciuttezza” complessiva della storia… che però in pratica deriva più che altro da un’aridità di base. Come nella brughiera sullo sfondo. E speriamo cali subito l’annebbiamento, per dimenticare, o per ringhiare tra i mastini.
Magari un giorno anche noi, come lettori-vittime di certi soprusi, potremmo gozzovigliare nella carneficina di ben altre corpose storie, senza ricorrere a mammà per farci giustizia
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******SOGGETTO:
4Fatico a trovarlo, per pudore.
Abbiamo subìto delle violenze? Rappresaglia, tremenda rappresaglia
(anche se in ritardo).
Abbiamo bisogno di un tonto-pretesto? : rievochiamo le Banshee per un Indagatore da Incubo pronto a non crederci.
A margine qualche concessione gaelizzante tra folletti e postiglioni macabri.
SCENEGGIATURA:
5 +Non coinvolge ma non è un male.
Si difende con stile, all’inizio, quando ha ancora poche carte da giocarsi; ma quando mette insieme tutto il mazzo fa saltare il banco con una serie di giocate assai sballate e scorrette verso la pazienza/idiozia media del lettore
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Dialoghi per fortuna essenziali, ma la tenuta del giallo fa acqua (paglierina?) da tutte le parti, e non per la ridarella.
Nessun approfondimento né per la follia di Mary Kate – che doveva essere il fulcro della storia – né per la rivisitazione della leggenda delle banshee(s), disperse nella bruma dopo qualche accenno di routine.
Il miglior Groucho dell’anno salva tutto il resto, compreso un Dylan che indaga per ripiego con tutta tranquillità, come se in gita.
Giocare a fare il Chiave fa piangere molte banshee ed altri spiritelli (davvero) trucidi
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DISEGNI:
6 ½ Il Roi attuale è questo: non credo si possa pretendere di più, almeno su questa testata, ed alle sue velocità di composizione. E poi mi mancava da tempo
.
Male l’espressività dei musi, il risparmio su china e dettagli, gli alberi di chewingum o granito (10.i e 36.i), e la difficoltà di “segnare” il volto di Victor che sembra spesso perdersi di linea in linea… per non parlare delle tozze facce dei bambini a p.35.
Bene l’atmosfera buja, la provincia sonnolenta, gli occhioni dei folletti smunti, e la sdentatura del postiglione che prova a spaventare. Anche alcuni cospargimenti di sangue sono davvero efficaci (p. 15, 29.iv e 73), senza sembrare per forza gratuiti
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COPERTINA:
6 ½Per i colori mi ricorda l’effetto de
L’eterna Illusione; per la risalita campestre quella di
Memorie dal Sottosuolo.
Troppo frontale e didascalico il taglio, il postiglione meritava più rilievo ed enfasi da raccapriccio. Non male comunque, ha qualcosa di esangue da suggerire e pare riuscirci.
*****Adesso vi lascio perché devo andare a far visita ad un gruppo d’ascolto per mariti picchiati dalla mogli… cosa non tanto rara, ve lo assicuro. Sembra che vogliano evocare lo spirito di Rocco Barbaro come nume tutelare della rappresaglia maschile, anche se il massimo della violenza consisterà nell’adulterare le lacche delle loro amate col diserbante.
ALOHA NEWLYWEDS