Cravenroad7

Certo che se questa storiella è vista da taluni come capolavoro siamo alla frutta....marcia.

Allora.
Ancora non ho votato. E non so cosa votare sinceramente.
Da qua possibili spoiler!

La storia mi piace. Cioè, mi piace il suo essere un incatenarsi di surreale e grottesco come ai tempi del già citato Golconda, mi piacciono le leggende metropolitane in genere chè mi han sempre affascinato, mi piace la caratterizzazione dei personaggi da Jenkis a Bloch e Dylan, mi piacciono i piccoli accorgimenti come il mazzo di carciofi e la scritta nello specchio lasciata col rossetto (anche se, per restare nelle leggende metropolitane, la scritta doveva essere un'altra...). Mi han fatto sorridere le varie sequenze del centro commerciale, del concerto, del veterinario (ma è tenerissimo quel coso *_*). La storia mi ha preso e l'ho letta tutta d'un fiato.
Ma il finale... Il finale NO. Cioè... NO!
Non è semplicemente senza senso, è, per usare un francesismo che si usa in terra sicula, A MINCHIA. Cosa, cosa, cosa dovrebbe rappresentare? Ancora ancora, fino a Dylan morto e quello che scrive a macchina potevo esserci, era tutta una finzione, bon. Ma l'ultima vignetta con Dylan che scrive sul suo diario? Cosa dovrebbe rappresentarmi??

Bah. Non lo so. Ci dormo su, e vediamo che voto mi esce domani.

Albo insopportabile,dire che stà roba è Dylan è un insulto.
Sempre peggio!

Surreale ok, grottesco un pò meno...come ai tempi di Golconda no dai.
Non per tirare fuori sempre il passato del Nostro,che poi,a quanto pare chi di dovere non ha ancora capito che cercare di copiare un qualcosina del passato non se ne esce tanto bene.
Ma non può proprio venirvi in mente a voi di fare certi paragoni.
Bloch apprezzato tantissimo però,perfetto come antitesi delle Leggende urbane.

Sinceramente sono sorpreso. Sorpreso dai pareri positivi espressi sin qui.
Io non condivido, anzi contesto l'assioma: "ricordo dei tempi che furono" = buona storia. Paola Barbato, al suo esordio, poco più di una decina di anni fa, dimostrò che era possibile scrivere un ottimo albo discostandosi, anche parecchio, dagli schemi, dallo stile e dalle atmosfere di Sclavi e Chiaverotti. Insomma si può scrivere benissimo Dylan Dog anche trattandolo in modo nuovo e diverso.
E' altrettanto acclarato però che a noi lettori di vecchia data (mi ci metto dentro anch'io), fa piacere che, di tanto in tanto, vengano citati o vengano recuperate formule, più o meno vincenti, di albi del passato. La nostalgia è canaglia e carogna, ci stracciamo le vesti per i capolavori della serie, piangiamo Sclavi manco fosse morto e quindi è del tutto lecito e normale che la redazione attuale pensi di attingere a quel patrimonio. Pertanto che una storia come "Leggende Urbane" arrivi in edicola è anche un po' colpa nostra. Colpa è forse un termine un po' forte, ma non lo intendo in termini del tutto negativi. Passando più propriamente al commento di questo #318 non si possono negare, infatti, le buone intenzioni di Di Gregorio, in particolare il messaggio finale che purtroppo finisce diluito in quanto reiterato fino all'eccesso. Sembra ci sia sempre il timore che il lettore non capisca, una paranoia che Sclavi non si faceva. GdG (ma il discorso potrebbe valere anche per Gualdoni) ce la mette tutta, poi, per ricreare quel mood surreale che fu uno dei fattori del successo dell'indagatore dell'incubo, dimostrando anche una notevole conoscenza della serie e dei meccanismi che ne stanno alla base. Il problema è che trattasi di conoscenza puramente formale: Di Gregorio (e Gualdoni) sanno cosa scrivere ma non sanno il come. Esemplare è il modo impacciato con cui Dylan si approccia alla bionda di turno e in generale quello spento con cui reagisce agli eventi che lo coinvolgono. Di Gregorio dimostra ancora una volta di avere grosse lacune nella gestione del personaggio protagonista, un difetto che a mio giudizio rimane importante anche se fortunatamente, non siamo dalle parti del terribile finale del "Divoratore di ossa", nemmeno per sbaglio. Per questo, quello che doveva essere il punto di forza dell'albo finisce per rappresentarne inevitabilmente anche il limite.
Lodevoli alcune chicche come la citazione di Elio e i siparietti Bloch-Jenkins (i più divertenti dell'albo). Lo scoiattolo mi ricordava la scimmia-ratto di Brain Dead, ma qui ho cannato. Stupisce in negativo l'assenza di Groucho che in una storia come questa poteva essere il famoso cacio sui maccheroni.
Nota di demerito per la copertina di Stano, mentre Cossu non mi è affatto dispiaciuto.
Le attribuisco un onesto mediocre come voto. Si poteva fare peggio, ma si poteva fare molto meglio (e sì, lo so, non ci sono più le mezze stagioni).

Tutto sta a vedere se tale comportamento è reale o è una leggenda metropolitana, raccontata da diverse persone, Dylan stesso.

L'esordio di Paola Barbato era un'ottima storia, ma non era una storia di Dylan Dog. Che fosse scritta benissimo è un parere, rispettabilissimo visto chi lo ha espresso, ma che non mi trova d'accordo. Quel sonno della ragione era un mattone indigeribile.
Ma alla Barbato si perdona ogni cosa.




Che quello che hai letto lo ha scritto Dylan Dog. Che è una sua leggenda metropolitana.

E quello che scrive a macchina a inizio e fine?
No, non mi piace.
Votato accettabile.

E' lo scrittore che scrive DyD. E' un gioco di specchi, dove uno scrive dell'altro.

Con "al suo esordio" non mi riferivo a un albo in particolare, ma alla sua prima manciata di storie, comprese quindi Lo specchio dell'anima, Il seme della follia e Memorie dal sottosuolo. Sostituisci pure con "agli esordi" se preferisci.

Ah giusto per la cronaca io non sono un barbatiano: mi piacciono molte sue storie, ma albi come l'osannatissimo "Nebbia", il 200 e il ventennale proprio non li digerisco.

Lo so che fra i due c'è un abisso...E' logico che DiGregorio cerchi di riprendere temi del passato storico di Dylan, come fa spesso e volentieri Gualdoni, per sopperire ad una sua lacuna nei confronti del personaggio. Io dico che qui confeziona una storia volutamente surreale e ironica, seppure non sia lontanamente paragonabile a Golconda ( l'es. l'avevo fatto per riferirmi ad una storia dal andamento che appare folle e che alle fine trova un barlume di spiegazione razionale )

Non lo nego. Ci prova e nella "forma" ci riesce anche. Ma non nella sostanza.

Vorrei capire la sostanza di una storia surreale. Detto ciò, ognuno si tenga i pareri propri, sennò qui mi dicono che impongo le mie idee con la forza !

Cosa difetta l'ho già detto: perfettibile (a dir poco) caratterizzazione del protagonista, messaggio dell'autore interessante ma veicolato in modo sbagliato (lo ripete fino allo sfinimento per tutta la storia), scarsa brillantezza e personalità nella messa in scena delle varie leggende.
Questo intendo io per sostanza.
Poi se per te una storia surreale autorizza un autore a scrivere qualsiasi cosa gli passi per la testa e coi piedi (è solo un esempio eh, non mi riferisco espressamente a questa), sono sicuro che non resterai mai delusa.

Affatto. Premesso che questo post non è uno scambio di vedute fra me e te, quoto come avevo già detto prima sulla eccessiva ripetitività del concetto di leggenda che è un errore anche abbastanza grave, meno sul poco carattere della coo-protagonista. La ragazza svolge il proprio ruolo con perfetto equilibrio: un ruolo di narratrice di leggende metropolitane, di donna attraente che induce chi la carica in auto o in moto ad avere una relazione con lei, infine di leggenda essa stessa con l'intento di prelevare il rene al malcapitato di turno. E' inutile riempire il personaggio con altre e maggiormente descrittive azioni e o gesti, in quanto il ruolo che serve al meccanismo della storia è già del tutto presente.
Ho già detto come abbia definito buona la storia proprio per questo tipo di meccanismo, laddove veniva rimproverata una mancanza di linearità che è invece tipica delle storie surreali, o almeno in molte di esse.
Faccio altresì notare come il meccanismo stesso delle leggende metropolitane, si basi sul voler accettare storie empie di concetti assurdi e ai limiti dell'incredibile, solo perché ammantate di uno spessore misterioso o fiabesco.
Il comportamento di Dylan, quello di Bloch, quello dei delitti è inquadrabile in questo meccanismo, non in una ricostruzione analitica o poliziesca o in una psicologica, come quella imposta nei due numeri precedenti.
Le mie aspettative naturalmente contano per me sola e come tale le ascrivo e le posto qui.
Certo è meglio questo che un giallo che non funziona nella sua totalità, come L'Impostore, oppure una pappardella animalista che annega nei cliché triti e ritriti come Blacky.
Detto ciò, son ben conscia dei miei limiti come lettrice e come commentatrice degli albi di Dylan Dog.

è il cuore della storia in teoria.